L'archivio fotografico di Don Paolo Tazzioli
Don Paolo Tazzioli è stato parroco di Civago per oltre quarant'anni, a cavallo tra la fine degli anni 40 e la fine degli anni '80. Nel tempo ha scattato centinaia e centinaia di fotografie, molte delle quali con una fotocamera Rollei, una macchina di grande qualità, "che costava più di una mucca", diceva.
Qualche anno fa, una mostra ha esposto al centro visita di Civago una selezione delle sue fotografie. Gabriele Gaspari chiese poi a don Giuseppe di poter custodire tutto il materiale e me lo ha messo a disposizione per renderlo visibile.
Attualmente consta di oltre 500 negativi, di una selezione di stampe in grande formato realizzate per la mostra e la stampa dei provini; le foto qui raccolte - poco meno di 500, minimamente ordinate in alcune sezioni - sono state appunto scansite dai piccoli provini. E' certo che l'archivio attuale non raccoglie tutti gli scatti e che molti sono andati dispersi in vario modo nel corso del tempo: mi auguro vivamente, che chi possiede negativi o stampe che non vede incluse nell'archivio qui pubblicato, contatti Gabriele per consentirne la catalogazione.
Nel portare questo archivio sul sito di Civago, ho avuto modo di esaminarlo con attenzione: ne ho tratto la convinzione, per diverse ragioni, che questa raccolta meriti di essere preservata nel tempo, come un bene prezioso.
In primo luogo l'ampiezza della documentazione, relativa ad un periodo in cui nessuno possedeva una macchina fotografica, e non mi riferisco solo a Civago ma a qualsiasi paese dell'alto appennino. Anche solo per questo la testimonianza di don Paolo sarebbe preziosa.
In secondo luogo, don Paolo è stato un valente fotografo, dotato di un gusto innato per le inquadrature, le luci, per la espressività dei volti. Ci sono alcuni scatti, che hanno una forza visiva assoluta, la medesima che si riscontra in grandi immagini dell'epoca classica della fotografia. Vorrei citare un solo esempio: nella sequenza (celebre per i civaghini) dell'arrivo della prima corriera, tra i molti scatti "celebrativi", "documentali" effettuati a piano strada, arriva la folgorazione di salire sul campanile e di scattare da lì. Se guardate bene, la gente che si accalca nella piazza (impossibile da valorizzare dalla via) prende slancio: e a quel punto ogni singola persona da vita ad nugolo stagliato sul bianco della neve e che gareggia con la massa "enorme" della corriera. E' - almeno per me - una inquadratura che pare uscita dalla "Corazzata Potemkin" o da uno dei tanti capolavori dei maestri del cinema russo degli anni della rivoluzione.
Infine ritengo che l'archivio abbia un valore etnografico e storico rilevante. Non soltanto per le innumerevoli immagini di immediata "socialità", ma anche per quei dettagli - dall'abbigliamento, alle posture, ai rapporti tra uomini e cose (e tra uomini e case) - di suggestiva eloquenza.
Mi auguro che averle pubblicate sul sito di Civago aiuti a tenerle in luce e a farne quindi momento iniziale di un percorso di valorizzazione che, fuori dalla retorica mediatica sulla "memoria", porti questo "bene culturale" a dialogare con la comunità nella sua propria lingua di "bellezza, conoscenza e verità".
Willer Barbieri
Qualche anno fa, una mostra ha esposto al centro visita di Civago una selezione delle sue fotografie. Gabriele Gaspari chiese poi a don Giuseppe di poter custodire tutto il materiale e me lo ha messo a disposizione per renderlo visibile.
Attualmente consta di oltre 500 negativi, di una selezione di stampe in grande formato realizzate per la mostra e la stampa dei provini; le foto qui raccolte - poco meno di 500, minimamente ordinate in alcune sezioni - sono state appunto scansite dai piccoli provini. E' certo che l'archivio attuale non raccoglie tutti gli scatti e che molti sono andati dispersi in vario modo nel corso del tempo: mi auguro vivamente, che chi possiede negativi o stampe che non vede incluse nell'archivio qui pubblicato, contatti Gabriele per consentirne la catalogazione.
Nel portare questo archivio sul sito di Civago, ho avuto modo di esaminarlo con attenzione: ne ho tratto la convinzione, per diverse ragioni, che questa raccolta meriti di essere preservata nel tempo, come un bene prezioso.
In primo luogo l'ampiezza della documentazione, relativa ad un periodo in cui nessuno possedeva una macchina fotografica, e non mi riferisco solo a Civago ma a qualsiasi paese dell'alto appennino. Anche solo per questo la testimonianza di don Paolo sarebbe preziosa.
In secondo luogo, don Paolo è stato un valente fotografo, dotato di un gusto innato per le inquadrature, le luci, per la espressività dei volti. Ci sono alcuni scatti, che hanno una forza visiva assoluta, la medesima che si riscontra in grandi immagini dell'epoca classica della fotografia. Vorrei citare un solo esempio: nella sequenza (celebre per i civaghini) dell'arrivo della prima corriera, tra i molti scatti "celebrativi", "documentali" effettuati a piano strada, arriva la folgorazione di salire sul campanile e di scattare da lì. Se guardate bene, la gente che si accalca nella piazza (impossibile da valorizzare dalla via) prende slancio: e a quel punto ogni singola persona da vita ad nugolo stagliato sul bianco della neve e che gareggia con la massa "enorme" della corriera. E' - almeno per me - una inquadratura che pare uscita dalla "Corazzata Potemkin" o da uno dei tanti capolavori dei maestri del cinema russo degli anni della rivoluzione.
Infine ritengo che l'archivio abbia un valore etnografico e storico rilevante. Non soltanto per le innumerevoli immagini di immediata "socialità", ma anche per quei dettagli - dall'abbigliamento, alle posture, ai rapporti tra uomini e cose (e tra uomini e case) - di suggestiva eloquenza.
Mi auguro che averle pubblicate sul sito di Civago aiuti a tenerle in luce e a farne quindi momento iniziale di un percorso di valorizzazione che, fuori dalla retorica mediatica sulla "memoria", porti questo "bene culturale" a dialogare con la comunità nella sua propria lingua di "bellezza, conoscenza e verità".
Willer Barbieri
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