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I nomi delle cose: perché Parco dei Principi?
- Mercoledì, 19 Agosto 2009 09:03
Alla sinistra scende verso il Dolo e a destra sale e spiana nella località detta "baicun" - balconi - dove, verso la fine degli anni 70 venne costruito un insediamento abitativo turistico, denominato Parco dei Principi.
Qualche giorno fa Enrico Caffari (classe 1930) mi raccontava in quali circostanze nacque l'appellativo Parco dei Principi.
E' l'immediato dopoguerra: Civago è in quegli anni una comunità numerosa, non ancora decimata dalla massiccia emigrazione della fine degli anni '60, numerosa e isolata, non raggiungibile con l'attuale strada provinciale.
L'unico modo per stare in contatto con il mondo è attaccarsi ad una radio. Ralfo Monti - allora ventiquattrenne - è tra i pochissimi in Civago ad avere e saper manovrare una radio a galena. Alimentata da una batteria, la sposta di quà e di là saggiando i punti della vallata in cui il segnale è meglio ricevibie. Scopre così che il castagneto dei "canin" è un punto eccellente.
In quel periodo gli italiani vanno matti per le corse: Millemiglia, Giro d'Italia e il già mitico Tour de France.
Nel 1948 Bartali vince il Tour: si disse che la sua impresa, che destò enorme clamore in Italia, contribuì a salvare l'unità nazionale. Il 14 luglio, Palmiro Togliatti, leader del Partito Comunista Italiano, viene gravemente ferito fuori da Montecitorio. Per qualche giorno si sfiora la guerra civile, con qualche prefettura già occupata dai partigiani garibaldini. Bartali nelle due tappe alpine stronca il leader, il francese Bobet, con una mitica fuga che lo porta a vincere il Tour (ricordate la canzone di Conte ? ... "e i francesi che s'incazzano, che le palle ancor gli girano ...").
Nel 49 tocca a Coppi (Faustò o Copì, come lo chiamano i francesi). Nel 49 Ralfo segue con la sua radio le cronache degli inviati italiani al tour. Insieme a qualche amico, come Enrico Cafari, di qualche anno più giovane, porta la radio ai "canin", si mette le cuffie, ascolta la cronaca e ogni tanto aggiorna gli amici intorno a lui. Quell'anno gli italiani dominano: pimo Coppi, secondo Bartali. Come ogni anno il Tour si conclude a Parigi, nel celebre velodromo della città. E quel giorno, Ralfo raggiante dell'impresa di Coppi, dice agli amici: "Non siamo ai "canin", siamo al Parco dei Principi", che è appunto il nome del velodromo parigino.
Quel nome che suona favoloso e mitico, piace, si propaga e resta nella memoria collettiva del paese.
Ma la vera diffusione della nuova denominazione viene nel corso della seconda metà degli anni cinquanta e nei primi anni dei '60. Cosa accade in quegli anni?
Con l'arrivo della strada provinciale e del regolare collegamento alla pianura con un servizio di pulmann, Civago conosce uno straordinario successo turistico. L'Italia, lasciati alle spalle gli anni febbrili e incerti dell'immediato dopoguerra, è in pieno boom economico. Si comincia ad avere qualche liretta da spendere. Una Lambretta, una Vespa o una Topolino divengono il sogno realizzato di mobilità per tutta la famiglia. E così moltissimi vengono qualche giorno d'estate a Civago. Gli alberghi del paese - più di 5 - non bastano ad accogliere tutti e quindi si affittano anche le stanze di casa, e i proprietari si adattano a dormire in solaio.
D'improvviso una comunità, fino a pochi anni prima chiusa e isolata al resto del mondo, deve adottare l'italiano come base comune di comunicazione con chi veniva da fuori. Ed ecco che i luoghi più belli e suggestivi da indicare ai primi turisti, acquistano nuovi appellativi italiani, suggestivi e immaginifici. I civaghini, pur continuando ad usare tra loro i toponimi dialettali originali, si adeguano rapidamente ad utilizzare questi nuovi nomi, come nel caso del Parco dei Principi. Ma non solo: ad esempio la località denominata "piellée", (pielleto, da "piella", l'abete bianco), oppure chiamata "la sega" perchè vi si era installata una piccola segheria, diviene l'Abetina Reale, con effetto incomparabilmente più evocativo e idoneo a magnficarne e trasmetterne fama e bellezze.
(nella foto il castagneto dei "baicun", alias Parco dei Principi, com'era nei primi anni 70)
Willer Barbieri